A causa della sua considerevole estensione, l’area archeologica di Paspardo è suddivisa in sottoaree raggiungibili comodamente a piedi dal paese. Dopo aver ritirato il biglietto presso il museo di Nadro, raggiungere con mezzo proprio il paese di Paspardo, tutte le aree di visita sono ben segnalate e ognuna è dotata di parcheggio pubblico gratuito.
Presso l’area di Sottolaiolo è allestita una piccola struttura museale con dotazioni che consentono la visita a persone con difficoltà motorie, visive e sensoriali.
Dos Sottolajolo
All’imbocco della strada che collega Paspardo a Capo di Ponte (strada della Deria) si incontra questa piccola area archeologica con sei rocce incise riferibili per lo più all’età del Ferro. Di particolare rilievo appaiono la R. 1, 2, 4, 5. All’ingresso è stato recentemente allestito un piccolo museo all’aperto
- percorso adatto a tutti (l’area è strutturata per incontrare le esigenze delle persone con ridotte capacità motorie e visive)
- dislivello: nessuno
- tempo di visita: mezz’ora
Sottolajolo R1
Questa piccola roccia è stata prevalentemente istoriata durante la seconda metà del I millennio a.C.: la cronologia è determinabile dalla tipologia delle armi impugnate dai duellanti raffigurati, che rimanda allo spirito dei grandi guerrieri-eroi che dominò questo periodo. Il quadro centrale è inciso con numerose coppie di duellanti impegnati in scontri armati: brandiscono asce a lama espansa (rappresentate anche singolarmente accanto ai guerrieri) ed in alcuni casi hanno scudi con decorazioni. Sull’estrema destra compaiono figurazioni di “rosa camuna ”, simbolo rintracciabile in molti contesti preistorici europei (dall’Inghilterra alla Russia) e forse rappresentante segni religiosi di riconoscimento.La “rosa camuna” è stata adottata dalla Regione Lombardia come suo simbolo ufficiale.
Sottolajolo R2
La r.2 è una piccola piattaforma con figure di guerrieri e “palette” tutte realizzate nell’ultimo millennio a.C.
Sottolajolo R4
Su questa roccia sono presenti due fasi istoriative ben distinte cronologicamente: nel settore ovest sono state incise, durante il Medioevo, figure cruciformi ed animali immaginari (un serpentiforme e forse un elefante); nel settore est, accanto ad uno scaliforme, sono state impresse numerose figure di “paletta”, una delle quali impugnata da un personaggio itifallico, tutte attribuibili all’età del Ferro.
Sottolajolo R5
Questa piccola placca rocciosa è dominata da una grande figura di eroe-guerriero con lancia e scudo (tipo “a pelle di bue”): la potenza della muscolatura, la statura e l’importante corredo ne contraddistinguono il rango. L’insieme è attribuibile (per la comparazione con i ritrovamenti archeologici) al VI-V secolo a.C.
In Vall – Castagneto – La Bolp
Dopo la visita a Sottolajolo è possibile proseguire a piedi fino alle aree di Castagneto e In Vall (questa parte del percorso non è adatto ai passeggini e a persone con ridotte capacità motorie) in cui le rocce istoriate di età del Ferro sono calate in suggestivi castagneti storici.
Già nel Parco Giochi si incontra la “Roccia degli Spiriti” studiata negli anni ’60 dal CCSP. La superficie conserva un vasto e apparentemente confuso insieme di figure picchiettate, recentemente riconosciuto come probabile “raffigurazione topografica” del tipo più antico (Tardo Neolitico-Prima età del Rame). Il sentiero, recentemente asfaltato, prosegue in direzione sud attraversando l’area de La Bolp, dove accanto alle rocce incise (guerrieri dell’età del Ferro, croci) si trova una piccola area di sosta e un notevole punto panoramico sulla vallata sottostante. Da quest’area provengono inoltre i frammenti di una statua-stele dell’età del Rame. Percorsi circa 200 metri una deviazione a destra conduce, attraverso una ripida scalinata, all’area di In Vall e alla roccia più importante della zona, la grande R. 4.
Su questa superficie si contano oltre 700 figure e alcuni soggetti assolutamente tipici dell’area di Paspardo, fra cui si segnalano senza dubbio i tre grandi guerrieri armati con scudi “a pelle di bue” (fine VI sec. a.C.), che hanno stringenti confronti con analoghe figure dalle aree vicine di Dos Sottolaiolo e di Vite-‘Al de Fuos, e la frequenza di asce a lama espansa della Tarda età del Ferro, anch’esse comuni a molte zone di Paspardo e presenti spesso anche nella forma non impugnata. Fra le altre figure si possono osservare anche una spirale e alcuni oranti (del tutto rari a Paspardo), che divengono invece il tema dominante della successiva R. 5, in questo caso sovrapposti o associati a numerose palette.
Plas – Capitello dei Due Pini:
Il sentiero di accesso si imbocca a nord appena fuori dall’abitato. Il Capitello dei due Pini rappresenta uno dei rari esempi composizione di età del Rame nel perimetro della Riserva, le incisioni, finemente cesellate, si dispongono in modo ordinato a formare una composizione dai forti tratti simbolici. Una spettacolare vista sul gruppo montuoso della Concarena fanno ipotizzare che il sito possa essere stato una sorta di osservatorio astronomico.
La zona prende il nome dall’edicola cristiana (capitèl) dedicata alla Madonna incastonata tra due grandi pini silvestri, di cui uno oggi purtroppo rinsecchito.
I piedi della cappella si trovano numerose raffigurazioni storiche, tra cui iscrizioni e date. Nei pressi dell’area verso il bordo opposto della roccia, invece, sono visibili poche raffigurazioni di figure schematiche armate e palette, molto consunte e di difficile lettura, probabilmente da datare al Bronzo Finale.
All’età del Rame, invece, sono da ascrivere le note figurazioni della Roccia dei Cinque pugnali e dell’attigua Roccia del Sole.
Entrambe le rocce, poste sulle superfici verticali nei pressi del grande pino silvestre rinsecchito, riportano l’immaginario preistorico tipico dell’età del Rame (III mill. a. C.): il sole raggiato, le composizioni di armi (pugnali ed alabarde), gli antropomorfi schematici e, infine, gli animali, tra cui il cervo doveva avere un’importanza particolare. L’associazione tra elemento solare (raffigurato qui da un palco cervino a forma di sole raggiato) e le armi è tipica di simbologie legate al mondo maschile: viceversa la presenza tra le incisioni del cosiddetto sole a tre raggi, in realtà da interpretare come elaborata collana, fa pensare a motivi legati al mondo femminile.
Molto rare le raffigurazioni dipinte in bianco conservatesi perché protette da un cornicione naturale.
Deria Vite – ‘al de Plaha
Proseguendo lungo la strada della Deria in direzione Capo di Ponte, è segnalata l’area di visita detta ‘al de Plaha. In questo settore, sono state ritrovate importanti composizioni topografiche e insiemi attribuibili alla tarda età neolitica e antica età del Bronzo. L’area è tutt’ora in fase di studio.
I lavori di costruzione della nuova strada della Deria (che collega Paspardo a Capo di Ponte) avevano danneggiato, nel corso degli anni ’80 del secolo scorso, alcune rocce incise lungo il percorso stradale in questa vasta area, oggi denominata Vite-Deria. Essa ingloba, infatti, i siti posti nelle due aree contigue più grandi, cioè La ‘it (La Vigna) e Deria. Un’indagine sistematica venne avviata dalla Cooperativa Archeologica “Le Orme dell’Uomo” e, in seguito, dall’Università Cattolica del S. Cuore di Brescia, per conto del Comune di Paspardo e con l’autorizzazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia. Il toponimo “la ‘it” deriva, con ogni probabilità, dalla presenza di vigne in un pianoro semiroccioso che si estende su gran parte del versante in questione innestandosi sulla vecchia strada della Deria. L’area ha una quota che varia tra gli 800 ed i 600 m s.l.m. ed è oggi interessata dalla presenza di vasti castagneti. Sono stati evidenziati in questa vasta zona i seguenti siti con gruppi di rocce istoriate: “La ‘It”, “’Al de Plaha”, “La Bosca”, ”Bröscaroeula del diavol”, “Dos Baitì”, “Deria”, “Castagneto”, “Valle di Fuos”. L’area è anche attraversata dal sentiero cosiddetto “Bial do le scale”, o anche “Le scale di Paspardo”, che da Paspardo conduce a Capo di Ponte, e lungo il quale sono state rinvenute numerose rocce incise.
‘al de Plaha R.3
Si tratta della prima roccia ad essere stata scoperta nel sito. È anche quella che riporta i maggiori segni di danneggiamento provocato dalle pale meccaniche. Il pannello inciso si trova su una superficie quasi verticale che presenta una buona visibilità soprattutto al mattino e nelle prime ore del pomeriggio. Vi si trovano solamente figure del tipo topografico in due fasi di istoriazione: una fase più antica con figure del tipo “a macula”, cioè aree sub rettangolari completamente campite da picchiettature, ed una fase più recente costituita da figure “a modulo comune” (a fungo). Le figure a macula sono collegate tra loro da linee. Si trova anche una figura umana con braccia aperte, associata a queste figure a macula, purtroppo malamente conservata. Non si deve pensare che tutte queste figure topografiche siano rappresentazioni “dal vivo” di territori reali che si potevano osservare dalla roccia stessa: infatti, come anche in altri casi, dalla roccia 3 non si osserva il fondovalle, a differenza di altre rocce in questa stessa area che invece sono in posizione panoramica. Su questo dosso sono presenti altre rocce incise ma l’area è vietata alle visite. Si consiglia di tornare verso la cappelletta e proseguire l’itinerario con la visita alle rocce segnalate.
‘al de Plaha R.6
La roccia 6 è un frammento roccioso derivante da un’antica frana (ganda) che si estende verso la montagna e interessa tutta la vallecola in cui si trova la loc. ‘al de Plaha. La superficie presenta esclusivamente figure topografiche incise in una fase intermedia tra il Neolitico e l’età del Rame nel IV millennio a.C.. Le figure sulla roccia non si osservano con facilità, sia per una certa consunzione della superficie incisa, sia per il colore della roccia, simile a quello delle patine delle incisioni. Il momento migliore della giornata per osservare bene queste figure è il tardo pomeriggio. Troviamo due differenti fasi di incisione: il più antico è quello delle figure di maculae che appaiono sovrapposte dalle figure di doppio rettangolo. Alcune di queste ultime presentano un punto nel centro del rettangolo maggiore; esse sono spesso collegate da linee e sono anche vicine a gruppi di coppelline. Tipologie simili si trovano in diverse aree di Paspardo, forse il territorio dove le rappresentazioni tipografiche sono tra le più presenti nel repertorio iconografico.
‘al de Plaha R.7
Questa piccola lastra rocciosa è densamente incisa con istoriazioni di varia tipologia, soprattutto guerrieri. Sulla roccia si osservano anche una figura di ascia-alabarda della fine dell’età del Ferro, alcuni pediformi e una breve iscrizione in alfabeto camuno. La roccia è però popolarmente nota col nome di “roccia della serratura” perché mostra due figure di chiavi ed una serratura. Una data di fine Medioevo, 1439, colloca nel tempo, con una certa precisione, questo momento incisorio. Sempre al Medioevo va ascritta, anche, una figura di cavallo su piedistallo con corpo decorato a linee incrociate. Non sono molte le figure di epoca medioevale incise nell’arte rupestre di Paspardo, ma tra queste le chiavi assumono un significato particolare. La loro presenza è limitata a poche rocce nella zona di Campanine e di Paspardo. Si tratta di un simbolo che può essere riferito sia alla sfera religiosa, con l’idea di chiudere e aprire, legare e sciogliere, che, piuttosto, all’ambito laico e rimarcare quindi l’esistenza di luoghi (come per esempio il prospiciente castello di Cimbergo) per i quali vale l’idea del possesso. Questo aspetto sembrerebbe confermato anche dalla presenza, accanto alle chiavi della Roccia 7, dell’unica figura di serratura finora ritrovata in Valle Camonica. La chiave, inoltre, è uno dei simboli usati durante il Medioevo per le suddivisioni territoriali, al pari delle croci usate nella segnalazione dei confini di proprietà.
‘al de Plaha R.10
La roccia 10 mostra due differenti fasi di istoriazione: un momento antico con la presenza di figure topografiche di varia tipologia (ovali, doppi rettangoli, linee e gruppi di coppelline), ed un momento più recente con figure di armati in schieramento e duellanti. Questi ultimi mostrano il caratteristico giro del braccio sul busto (espediente artistico per mostrare il movimento) e uno stile seminaturalistico che ha fatto pensare all’opera di un singolo artista o a quella di una scuola attiva tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C.. Quasi sempre, in queste scene, sono raffigurati due contendenti simmetricamente contrapposti ed impugnanti piccoli bastoni, paracolpi o minuscoli scudi. Questo artista è stato chiamato il “maestro di Paspardo”, in considerazione del fatto che gran parte di queste figure si trovano proprio nel territorio del Comune, ma, in realtà, figure di questo tipo si trovano anche a Naquane e a Foppe di Nadro, e in altre località con arte rupestre dell’età del Ferro. Potremmo forse pensare ad un artista incaricato di realizzare l’arte rupestre per coloro che venivano iniziati, oppure ad una sorta di Maestro degli iniziati. Associate a questi duellanti si trovano spesso anche figure umane rappresentate incomplete ma quasi sempre fornite di teste con collo, linea delle spalle, a volte con le braccia o il busto. Essendo le figure incomplete nell’ordine delle migliaia è difficile sostenere che si tratti di casualità o di dimenticanze dell’artista. Forse si tratta di divinità ctonie, di apparizioni di spiriti guida o antenati che compaiono di fronte ai duellanti, per proteggerli od istruirli o ammonirli.
‘al de Plaha R.11
Le armi brandite dai guerrieri incisi nell’arte rupestre della Valle Camonica spesso sono così ben riconoscibili da costituire un elemento utile a suggerire una datazione del momento in cui queste figure siano state realizzate. È il caso degli scudi che, solitamente, sono di tipo rotondo nella prima età del Ferro e di tipo rettangolare-ovoidale nella seconda età del Ferro. Questo ragionamento non si può tuttavia applicare agli scudi cosiddetti “a pelle di bue”, come quelli dei guerrieri incisi su questa roccia. Essi, infatti, non costituiscono un elemento datante, in quanto si tratta di una arma che compare pressoché in tutte le fasi dell’arte rupestre di tipo “guerriero”, dal Bronzo Finale alla fine del I Millennio a.C. Si tratta di un’arma tradizionale delle genti alpine dell’area retica e ciò è ben testimoniato sia dai ritrovamenti archeologici che dalle incisioni rupestri della Valle Camonica. Questo scudo nell’arte rupestre veniva rappresentato secondo una visione frontale – da qui viene detto “a pelle di bue” perché era forgiato in modo da assomigliare ad una pelle di bue distesa e tirata ad essiccare – oppure mediante una visione laterale e allora assumeva una forma marcatamente concava verso l’esterno. Questa concavità doveva essere una conseguenza del modo in cui la pelle veniva tesa sul supporto di legno. Questo tipo di scudo era così tradizionale che era adottato dai guerrieri di questa zona anche quando essi si trovavano lontani dalle zone di origine: citiamo per tutti il caso del signifer della stele rinvenuta a Carrawburgh, lungo il vallo di Adriano in Inghilterra e databile al III sec. d.C., soldato ancora armato con lo scudo “a pelle di bue” tipico delle regioni da dove proveniva.
‘al de Plaha R.13
Nel vasto campionario delle raffigurazioni di tipo topografico presenti a Paspardo la roccia 13 offre al visitatore una composizione unitaria di rara articolazione: numerose figure di doppi rettangoli, griglie e gruppi di coppelline, racchiusi da una linea perimetrale. Si tratta della rappresentazione di un villaggio circondato da una palizzata? Ovviamente non abbiamo elementi per rispondere in modo esaustivo. Altre figure di doppi rettangoli o di griglie sono state incise al di fuori di questa linea perimetrale. Un guerriero della prima età del Ferro, di una certa dimensione, ed armato di lancia e scudo rotondo visto di profilo, è stato inciso proprio nel mezzo di questa area “a villaggio”. Malgrado tra il guerriero e le mappe corrano ben 3.000 anni di differenza, la scena è stata forse interpretata dagli incisori dell’età del Ferro come la difesa del villaggio da parte del grande guerriero. Come altre superfici dell’area, la roccia 13 non osserva il fondovalle né può essere vista se non venendovi direttamente, e smentisce quindi l’idea che tutte le raffigurazioni topografiche vogliano rappresentare le aree più in basso come viste dall’alto, cioè rappresentazioni dal vivo.